Scrittura e sapori. Nasce l’Enodrammaturgia, ovvero l’abbinamento di opere teatrali e rinomati vini.
Arriva l’uomo del ghiaccio (The Iceman Cometh, 1940), scritto dal drammaturgo americano Eugene O’Neill (1888-1953) dopo dodici anni di silenzio e dopo quattro anni dal Premio Nobel, è interamente ambientato in una squallidissima locanda nel quartiere del porto di New York, in un finto albergo con un finto ristorante nel malandato retrobottega, attrezzato per aggirare il divieto di vendere alcolici alla domenica e dopo l’orario di chiusura, nell’estate del 1912, da una mattina alla mattina successiva.
I personaggi che incontriamo sono proiezioni, tra realismo descrittivo e simbolismo filosofico, di quelli conosciuti da O’Neill nelle sue vite da cercatore d’oro, alcolizzato, marinaio, naufrago, disoccupato sul fronte del porto, pluri-innamorato e pluri-divorziato, direttore di scena, degente di sanatorio e, beninteso, scrittore.
Una taverna frequentata da bevitori di whisky a buon mercato, reietti già falliti in attesa di un’improbabile occasione di riscatto. Tutti hanno un passato solamente, sono tutti ex: bigliettai di circo, poliziotti, studenti, proprietari di case da gioco, comandanti boeri, capitani di fanteria, corrispondenti di guerra, direttori di periodici anarchici, sindacalisti. Gli unici che sembrano avere un futuro, o perlomeno un presente, sono le tre prostitute sfruttate dal barista del finto albergo e Theodore Hickman (Hickey) un rappresentante di ferramenta che convince gli amici bevitori a rinunciare alle loro illusioni e ad accettare il loro fallimento, facendoli così sprofondare nella disperazione. Ma Hickey è un falso profeta, anche lui un fallito con un pesante segreto che rivelerà alla fine; i suoi amici non dovranno così rinunciare alle loro effimere illusioni.
L’uomo del ghiaccio non si vedrà mai, ma nei racconti degli avventori è colui che ha causato diverse liti e divorzi, così come l’idraulico nell’immaginario da bar di oggi.
Eugene O’Neill non giudica, ma racconta con lucido pessimismo e partecipazione pietosa alla miseria umana, regalandoci battute molto lunghe, flussi di coscienza travestiti da monologhi, ma che con disincantato realismo psicologico ci mostrano la crisi dell’uomo, il disagio, la nevrosi che diventa follia, l’impossibilità di vivere senza illusioni. Anche il whisky è un’illusione, ma siamo solidali e incapaci di giudizio con questi dannati quando, incapaci di affrontare la realtà, ne ingollano d’un fiato un bicchiere colmo come fosse una medicina.
O’Neill scava molto nei mali della società e finisce per trovarvi le proprie radici, donandoci un realismo commovente e facendoci conoscere la sua attraverso la voce di Larry Slade, sindacalista anarchico.
“Nascere in una stanza d’albergo a New York, dannazione, e morire in una stanza d’ albergo a Boston”: ci ha lasciato con queste parole, Eugene, e con quaranta drammi che hanno fatto finalmente parlare di un teatro americano.
Si beve molto in The Iceman Cometh e si entra subito in confidenza con l’alcol, quello pessimo, quello che torce le budella prima e l’anima poi, e si viene trascinati in un conflitto psicologico dal quale si sente la necessità di liberarsi per contrasto, di rientrare nel sicuro, di incontrare certezze e di alleggerirsi in coccole consolatorie.
E il ghiaccio, questa volta sì, ci regala la consolazione. Arriva il vino del ghiaccio, si chiama così (Icewine o Eiswein) l’incredibile vino ottenuto da grappoli raccolti congelati sulla vite nei mesi invernali, all’alba, mantenendo una temperatura di -7°C anche durante la pigiatura per ottenere così un mosto denso di zuccheri, povero d’acqua e dall’aroma intenso, da vitigni coltivati prevalentemente in Austria, Germania e Canada.
Il giallo dorato intenso dell’Eiswein selection di Zantho, prodotto ad Andau nell’Austria orientale, ci consola a prima vista e ci chiede di essere sorseggiato e scoperto con calma durante la lettura.
Ottenuto da uve di riesling italico, affinate parte in acciaio e parte in barrique, questo vino è brillante, consistente, di struttura, profuma con grande ed eterea intensità e complessità di matura frutta tropicale a polpa gialla, di spezie dolci; l’incenso, le note di vaniglia e creme caramel, le rilassanti sfumature di miele ci obbligano a continuare ad annusare estasiati.
Mentre lo sorseggiamo ci colpisce il dolcissimo e rotondo equilibrio fra cremosità, freschezza e mineralità e ancora sentiamo le note (di caramelle) di miele, di canditi e vaniglia che ci calmano e ci consolano a lungo, proprio come ne sentivamo il bisogno. Una volta assaggiato questo nettare complesso, di corpo, eccellente, non ci abbandona più.
ASSAPORATI PER VOI
Arriva l’uomo del ghiaccio, Eugene O’Neill, edizione 1966, traduzione di Bruno Fonzi, Giulio Einaudi Editore;
Niederösterreich Eiswein Selection, 2013, Zantho, 12% vol., temperatura di servizio 10-12°C.
Dario Paolo D’Antoni
Autore di testi teatrali, racconti e poesie, approccia alla scrittura professionale e pubblicitaria molto giovane per passare in seguito a quella creativa. Per MateâriuM conduce laboratori creativi di scrittura e di drammaturgia. Come Sommelier propone abbinamenti e degustazioni ragionate fra testi letterari e vini.
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