Il Friuli è una terra ricca di storia e di cultura, ovvero un forziere narrativo ricolmo di storie, personaggi e linguaggi. Questa rubrica propone, in ogni sua puntata, una vicenda che ha tutte le caratteristiche per prestarsi a essere una drammaturgia in potenza, uno spettacolo che non esiste (ancora).
Le rubriche di MateâriuM | SPETACUI CHE A NO SON (ANCJEMÒ) | a cura di: Stefania Ursella
L’ISPIRAZIONE
Esiste un detto che, con larga probabilità, un friulano ha sentito almeno una volta nella sua vita: Buje monede false, con le sue varianti (Fals come le monede di Buje, ecc.). Con altrettanta probabilità, un bujese se l’è sentito riferire, anche più di una volta nella sua vita. È tuttavia meno probabile che i due ne conoscano l’origine: non vi si attivano le antenne del drammaturgo?
LE FONTI
Io e te, lettore e compagno drammaturgo, ci mettiamo alla ricerca delle fonti. Dopo aver ascoltato alcuni resoconti orali nebulosi e contraddittori, con toni di leggenda, riusciamo a ricostruire una bibliografia sull’argomento. Ora è qui, accumulata sulla nostra scrivania.
Iniziamo a leggere e scopriamo così che i fatti cui si potrebbe ricondurre l’origine del modo di dire sono più di uno, tra questi:
a. Durante l’occupazione austriaca del biennio 1917-1918 il Comune di Buja, per risolvere la carenza di liquidità, produce e fa circolare dei buoni sostitutivi del denaro, “convertibili in moneta legale entro sei mesi dalla conclusione della pace” (come si legge sui buoni stessi). Una simile operazione, sebbene non candida dal punto di vista giuridico, non è eccezionale in questo periodo: altre amministrazioni si trovano costrette a ricorrere a vie alternative per risolvere la crisi economica. Decidiamo che non cade qui la nostra attenzione drammaturgica (per stavolta).
b. In un documento del 1815 si ritrova la notizia di un processo contro un bujese accusato di aver pagato un venditore con tre monete false da cinquanta centesimi al mercato di San Daniele, il procedimento si chiude con l’assoluzione perché si dimostra che l’accusato era inconsapevole del suo crimine: non sapeva che le monete fossero false. Anche stavolta, passiamo avanti e lasciamo in pace il poverino.
c. Una terza vicenda si presenta da subito con tratti leggendari. In un periodo non ben definito di inizio ‘900, un gruppo di buiesi conosciuto come “La Compagnia degli Angeli” (ovviamente perché tutti e sette i componenti si chiamavano Angelo) si mette in attività e costruisce una stampatrice di monete false, del tutto uguali a quelle di corso legale: con l’effigie dell’imperatore Francesco Giuseppe ma con la dicitura “Regno di Buja” in sostituzione a una delle scritte ufficiali. Pare che questa stampatrice fosse installata in un’osteria nella frazione di Santo Stefano e che si attivasse, stampando denaro, allo sbattere di una porta. Grazie a questa finezza ingegneristica gli Angeli riuscivano anche a prendersi gioco delle guardie che, entrando in osteria (magari proprio in cerca dei falsari), finivano per diventare a loro volta inconsapevolmente falsari.
A questo punto ci scambiamo uno sguardo d’intesa e ci è chiaro che abbiamo scoperto il filone aurifero che stavamo cercando. Ad accendere il nostro interesse è innanzitutto il carattere di leggenda che questa storia ha assunto fin dalla sua origine: la prima fonte scritta che se ne occupa è un racconto di Pieri Menis contenuto nell’antologia Lejendis di Buje, la successiva raccolta di testimonianze orali presenta un’ampiezza di varianti e di nuovi dettagli così ricca da far immaginare che il racconto, di passaggio in passaggio, si sia allontanato sempre più dal fatto storico di partenza perdendo ogni riferimento. Di conseguenza a questo percorso, abbiamo la presenza evidente di meccanismi tipici della narrativa popolare (il popolano astuto che si beffa del potere) e la ricchezza di vere e proprie perle narrative che probabilmente si sono affinate nel tempo (i sette Angeli, la stampatrice installata nella porta). Tutti elementi che, siamo d’accordo, ci interessano molto così come, ritornando all’ispirazione iniziale, siamo affascinati da come una vicenda, fin dalla sua origine così nebulosa, sia riuscita a radicarsi solidamente nell’immaginario friulano tanto da diventare un modo di dire diffuso.
GLI SPUNTI
Partiamo da un presupposto, non necessariamente condiviso: le “ricostruzioni storiche” sono interessanti quando offrono temi per parlare del presente e di noi che ci viviamo. Dopo aver definito la storia, ne ricaviamo, non senza averne un po’ discusso, alcuni nuclei di riflessione:
Ritorniamo al buiese che si sente dire monede false ogni volta che si presenta e, allargando l’idea, ci chiediamo: l’origine, l’appartenenza a un paese e non a un altro, a un popolo e non a un altro, definiscono ancora l’individuo (lo hanno mai fatto)?
Immaginiamo di trasportare nel tempo questa storia: quale può essere il legame tra i leggendari falsari di Buja e il filone popolare contrario alla moneta unica europea?
Diamo un’occhiata al linguaggio: quale funzione potrebbe avere un linguaggio ricco di modi di dire ormai così slegati dalla realtà da risultare privi di significato ma non per questo caduti in disuso? Quali personaggi potrebbero utilizzarlo?
PER ESEMPIO, UN INIZIO
2010, intal plen de crisi economiche europeane e de disocupazion zovanile, un paîs furlan al è in ribalton dopo che un grup di siei zovins al è finît sot procès cu le acuse di vê falsificât biliets di 20 euro. A indagâ su le vicende, al rive di Padue un ispetôr une vore seri e professionâl. Subit i paisans si coalizin par sviâ le indagazion, sburtâts di un misturot di populismo antieuropean e sbeleade personâl cuanche a scuviergin che l’ispetôr al à divignince bujese…
BIBLIOGRAFIA
Pieri Menis Lis lejendis di Buje, 1928, D. Del Bianco e Figlio, Udine.
Michela Pauluzzo Guerra La leggenda di Buje monede false in “Buja città d’arte della medaglia, omaggio agli incisori”, catalogo della mostra realizzata dal Comitato Commercianti, Esercenti ed Artigiani e dal Comune di Buja, 1996.
Gemma Minisini Monassi Un giorno del 1815 tra i banchi del mercato di San Daniele in «Buje Pôre Nuje», n. 20, 2001.
Mirella Comino Buje: monede false o monede vere? in «Buje Pôre Nuje», n. 28, 2009
Bujese nata nel 1987, grafica, ha studiato Lettere Moderne a Siena ed Editoria a Milano. L’interesse per il teatro nasce e si forma all’interno della Compagnie dal teatri sperimentâl di Vile di Buie, e si espande con l’attività in diversi gruppi teatrali, studenteschi e non. Dal 2015 fa parte di Mateârium come autrice e docente ai laboratori.
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