In questo articolo Elisa Copetti ci racconta del giovane drammaturgo croato Ivor Martinić e della sua fortuna.
Le rubriche di MateâriuM | Drammi a est | a cura di: Elisa Copetti
Qualche anno fa, mentre ero in cerca di testi che affrontassero il tema della guerra nei Balcani, scoprii un autore che scriveva della vita dopo la guerra con una prospettiva decisamente più stimolante: Ivor Martinić, drammaturgo spalatino classe 1984.
Immaginate una società traumatizzata e autori che per elaborare il vissuto utilizzano la scena, e immaginate una generazione di giovani con desideri e idee proiettati oltre vecchi confini, connessioni profonde con dinamiche di scrittura altre e un’inevitabile spaccatura con il “prima”.
Di questa generazione fanno parte i drammaturghi trentenni di oggi che come Ivor Martinić si sono formati all’Accademia di Arti drammatiche di Zagabria, istituzione affatto pachidermica. Martinić ha cominciato molto presto a collaborare con registi della capitale e con i maggiori teatri, infilando un successo dopo l’altro e diversi premi; si è inserito nell’area di lingua spagnola e ora vive e lavora in Sud America.
I suoi drammi sono caratterizzati da personaggi dalla psicologia complessa, che si muovono nella realtà contemporanea, non esclusivamente croata. Note di regia scarne, ambientazioni minimali, vicende che si realizzano in poche ore e in un unico spazio, dialoghi pregni di non detto: i drammi di Martinić sono fotografie nitide della realtà. E la lingua – standard, senza regionalismi né particolari riferimenti al contesto nazionale – è quasi classica per quanto bella, semplice senza essere scontata.
In “Ovdje piše naslov drame o Anti” [Questo è il titolo della storia di Ante, 2009] il protagonista è un ragazzino, orfano e invalido dall’età di un anno, che non ha altro che un padre premuroso e solo. Muove la scrittura una storia reale e un dato di fatto: il numero sempre crescente di bambini invalidi per causa bellica. Ciò nonostante non si tratta di un testo che parla di guerra: il tema vero è l’amore di un padre e la paura di un figlio.
È il dodicesimo compleanno di Ante e il padre Josip, con l’aiuto della Vicina di casa, organizza per lui una festicciola. Tra gli invitati Ljubica, compagna di classe di Ante, gli confessa il suo amore, proprio mentre il ragazzo scopre il sentimento che cresce tra il padre e una conoscente, Jela. Progressivamente emerge la rabbia del ragazzino e il suo attaccamento al padre, il loro rapporto esclusivistico e chiuso a qualsiasi altro affetto e cementato dal ricordo quotidiano della madre morta. I due potrebbero liberarsi dalla morsa nella quale si sono stretti e che li ha mantenuti in vita, ma non cederanno ad un amore esterno, mai. Josip allontana Jela e Ante si riprenderà il controllo del padre, con un sottile accerchiamento psicologico.
Eccone un estratto in traduzione:
LA VICINA: È la prima volta che vedi Ante?
JELA: No.
LA VICINA: Quando l’hai visto per la prima volta?
JELA: Ti ringrazio della domanda. Lo vedo spesso nel negozio dove lavoro.
LA VICINA: Vi siete mai presentati?
JELA: Fai proprio delle ottime domande. Josip ci ha presentati un pomeriggio, Ante ci aveva sorpresi mentre facevamo una passeggiata. Ci siamo detti solo: buongiorno, buongiorno. Lui si è allontanato subito dopo. “È tuo figlio” gli ho chiesto.
JOSIP: “Sì” ho risposto.
JELA: Bel bambino.
JOSIP: Già.
JELA: Arriva da scuola?
JOSIP: Va a casa. Dovrei andare con lui.
JELA: Aspetta, resta ancora un po’…
Silenzio.
JELA: E poi se ne è andato senza salutare. Quello è stato il momento in cui Jela ha capito che qualcosa stava succedendo ma che non capiva cosa.
da “Perlascena_non periodico per la drammaturgia dell’oggi”.
n°6/marzo 2014, p.28 (rivista scaricabile on-line)
Da quel primo dramma che ha scosso il pubblico croato imponendo un cambio di prospettiva (la guerra è stata, ricominciamo a fare teatro che si occupi del presente), Martinić è diventato il giovane autore croato più premiato all’estero, prolifico ed instancabile, messo in scena anche da registi come Claudio Tolcachir. Sono seguiti: “Drama o Mirjani i ovima oko nje” [Dramma su Mirjana e chi le sta attorno; 2010] in cui la quotidianità della protagonista Mirjana e della figlia, dell’ex marito, della vicina compongono un mosaico di tragedie condite di black humour; “Moj sin samo malo sporije hoda” [Mio figlio cammina solo un po’ più piano; 2011] nel quale tratta il tema della diversità a partire dal rapporto possessivo tra una madre e un figlio gravemente malato; “Bojim se da se sada poznajemo” [Temo di conoscerci ora; 2014] nel quale descrive i trentenni contemporanei, partendo dalla fine di una relazione di coppia.
In Italia segnalo la pubblicazione on line della traduzione di “Questo è il titolo della storia di Ante” e la messa in onda del radiodramma “Moj sin samo malo sporije hoda” nella traduzione in lingua slovena su Radio RAI del Friuli Venezia Giulia. Anche se per il pubblico italiano Martinić è ancora uno sconosciuto, avremo certamente modo di conoscerlo negli anni a venire.
Drammi a est | Esplorazioni nella drammaturgia e nei teatri dell’Europa balcanica
Elisa Copetti, traduttrice letteraria dalle lingue croata e serba, ha scritto una tesi magistrale sul Teatro croato dal 1990 al 2010 con la traduzione di Rose is a rose is a rose is a rose di Ivana Sajko. Ha tradotto drammi di: Almir Imširević, Lada Kaštelan, Ivor Martinić, Milena Marković, Dragan Nikolić, Doruntina Besha. Recentemente ha tradotto Ivo Andrić, Premio Nobel per la letteratura e Olja Savičević Ivančević.
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