Da gennaio a maggio 2018 abbiamo realizzato un corso di scrittura teatrale per i ragazzi del Palio Teatrale Studentesco Città di Udine, in collaborazione con Teatro Club Udine.
Sono stati 5 mesi di duro lavoro e di collaborazione con il gruppo di giovani drammaturghi e drammaturghe provenienti da vari istituti della provincia.
Le opere prodotte durante il laboratorio sono state raccolte in una pubblicazione che presenteremo ufficialmente al pubblico giovedì 24 maggio alle ore 21.00 presso il teatro Palamostre di Udine.
Vi anticipiamo in questo articolo l’editoriale di questo “Quaderno Paliense”, una riflessione sulla scrittura, la giovinezza e la drammaturgia.
IL TEMPO DELLE SCENE
Una domanda che ci pongono spesso: quando è il momento ideale, nella vita di una persona, per iniziare a scrivere?
Boh. (questa à la risposta che sentiamo dentro di noi)
Molti autori iniziano tardi. José Saramago, ad esempio, solo in età matura ha preso la seria decisione di lasciare un segno sul foglio bianco. Un segno da Nobel.
C’è chi, invece, il segno lo lascia subito. Sin da bambino o da ragazzo, sente l’irresistibile impulso di affermare la propria identità sul bianco o sul grigio di un muro.
Sono sfregi o opere d’arte? Scarabocchi o graffiti? Ingenuità o genialità? Questa non è scrittura! E allora perché si chiamano writers? L’opinione pubblica si divide.
C’è anche chi scrive da sempre. Impegnandosi prima in temi scolastici enciclopedici che hanno fatto desiderare la pensione anticipata alla propria maestra; poi tra le righe di un diario segreto, che purtroppo nessuno ha mai avuto l’intenzione di leggere; per passare quindi a un’infinità di racconti brevi recapitati nei concorsi letterari di mezza Italia ancora in cerca di una giuria che li capisca davvero. Anni e anni passati sulla tastiera del pc senza mai lasciare il segno e, in un certo senso, senza mai scrivere nulla.
Ok, sappiamo che cosa state pensando. La conclusione di questo ragionamento pare scontata: ogni tempo vale quando si tratta di scrivere.
Onestamente, non ne siamo così sicuri. C’è un tempo che è migliore di altri per la semina di alcune tecniche e per coltivare un certo tipo di linguaggio.
È il tempo meno poetico e più drammatico di tutti.
Il tempo dei brufoli. Dei dubbi. Delle amicizie perdute. Degli amori folgoranti. Delle scoperte. Delle pulsioni. Delle repulsioni. Dei totem distrutti e dei tabù infranti.
Qualche tempo fa lo chiamavano “Il tempo delle mele” prendendo spunto dall’iconico film con Sophie Marceau del 1980. Possiamo banalmente chiamarlo adolescenza o “l’etât dal mus”.
Questa è la stagione perfetta per comprendere il linguaggio drammaturgico, una forma di scrittura che si basa essenzialmente su desideri (ad esempio l’amore), su ostacoli (i sopracitati brufoli) e su mutazioni (ovvero più brufoli).
I ragazzi e le ragazze sono degli alunni perfetti: sono instabili, ispirati, feriti, …, costantemente e naturalmente nel dramma.
Ci sono emozioni che un 30/40/50/60/70enne non può più provare. Non perché non le può sentire, ma perché non può più provarle per la prima volta.
Ci sono emozioni che non appartengono ai bambini. Perché ogni cosa ha il suo tempo.
E appena arriverà “il tempo delle scene”, allora, capirai di essere un ragazzo, e sarà il momento di prendere il foglio, la penna e aprire il sipario.
Con drammaticità, i tutor:
Alessandro Di Pauli, Dario Paolo D’Antoni, Filippo Donato, Stefania Ursella.
10 nuovi autori in città!
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