Una serie di esercizi di scrittura ispirati da Building the wall, dramma per due personaggi del 2017, scritto dal premio Pulitzer Robert Schenkkan, ed ispirato dalla campagna elettorale del presidente degli Stati Uniti Donald Trump.
Le rubriche di MateâriuM | Palestra di scrittura | a cura di: Alessandro Di Pauli
Le recenti esternazioni del presidente degli Stati Uniti che ha definito determinate nazioni come “shithole countries” e la volontà dello stesso di cancellare il progetto Dreamer che ha l’obiettivo di integrare nella società nordamericana 800 mila giovani clandestini, mi hanno spinto direttamente tra le pagine dell’opera di Robert Schenkkan Building the wall.
L’opera è stata scritta nell’ottobre del 2016, durante la fase finale della campagna elettorale che ha portato all’inaspettata elezione di Donald Trump.
L’autore, angosciato dalla deriva populista dello scontro politico, definisce il suo processo di scrittura come frenetico e furioso perché consapevole del fatto che
if theater is going to remain relevant, we must become faster to respond
ovvero il teatro deve essere capace di affrontare sul momento i dilemmi della propria società.
Per Schenkkan la scrittura deve saper interpretare il presente per mantenere aperto il dibattito tra gli individui ed evitare che l’inimmaginabile diventi inevitabile.
L’opera prende spunto dalla promessa elettorale fatta dal candidato repubblicano di costruire un muro tra il Messico e gli U.S.A. per fermare le ondate migratorie.
Schenkkan immagina che questo muro, un muro non solo fisico, ma d’indifferenza e razzismo, diventi reale.
Building the wall è ambientato nel 2019 nella meeting room della prigione di El Paso, Texas. Gloria, una professoressa di storia afroamericana di circa quarant’anni, incontra Rick
“a white man in his forties. He wears an orange prison jumpsuit.”
(Building The Wall, Robert Schenkkan, Arcade Publishing, pag. 1)
Gloria intervista Rick. Gloria vuole trovare le ragioni di quello che è successo, vuole dare un senso alla tragedia. Rick al contrario, vive questo incontro come l’ennesima opportunità di ribadire la propria innocenza e liberarsi da ogni responsabilità.
Tutto è iniziato a pochi mesi dall’elezione di Trump. Una bomba sporca ha raso al suolo Times Square causando numerosi morti. I responsabili dell’attentato risultano essere dei clandestini che si erano infiltrati nel territorio americano. Lo stato di emergenza permette al presidente di instaurare la legge marziale e di iniziare un processo di deportazione di massa dei clandestini presenti sul territorio. Il muro diviene reale.
Milioni di persone vengono arrestate. Il tentativo di rimpatriare i detenuti nei propri paesi di origine fallisce a causa del rifiuto della comunità internazionale di collaborare con questo progetto di deportazione di massa. Le prigioni si affollano e una volta giunte al collasso si procede a collocare i detenuti negli stadi di football, che divengono dei veri e propri campi di concentramento. Ma questo è solo l’inizio della tragedia: sarà un’epidemia di colera e la necessità di nascondere agli occhi dell’opinione pubblica gli orrori e il degrado nel quale vivono i detenuti, che porterà la situazione alle più tragiche conseguenze.
In questo groviglio di vicende Rick ricopre il ruolo di responsabile della logistica nella gestione dei prigionieri. Rick dice di questa esperienza:
“I liked the order, the organization […]. Clean lines of authority. I liked being part of what maintained that structure. I liked bringing order”
(Building The Wall, Robert Schenkkan, Arcade Publishing, pag. 22)
Rick è la vittima di uno stato di emergenza e della necessità di risolvere una situazione di caos. Rick non si sente responsabile delle esecuzioni sommarie e delle fornaci. Lui semplicemente eseguiva gli ordini e agiva per il meglio di tutti.
Già sentita come storia, vero?
Il testo di Schenkkan è formidabile per almeno tre aspetti:
a. fornisce, in tempi brevissimi, una voce e una prospettiva su una tematica attuale che sta scuotendo l’opinione pubblica.
b. partendo da un’ipotesi (la costruzione del muro) elabora una catena di cause ed effetti capaci di ricostruire uno scenario distopico
c. presenta uno scenario complesso con un’estrema sintesi di ambientazione (una meeting room) e di personaggi (Rick e Gloria)
Partendo da questi punti di forza e da queste riflessioni ho elaborato una serie semplici esercizi di scrittura.
Esercizio #1
Scegli un’esternazione o una previsione o un progetto sostenuto da un personaggio pubblico e che sta suscitando dibattito all’interno della società nella quale vivi (potresti prendere spunto dalla politica internazionale o dalla campagna elettorale italiana ad esempio). Scrivi tale affermazione in massimo 2 righe.
Esercizio #2
Crea una catena di cause ed effetti capace di concretizzare la previsione scelta nell’esercizio #1, cerca di portare tale concatenazione alle estreme conseguenze. Sviluppa l’elenco delle cause e degli effetti in massimo 1 pagina.
Esercizio #3
Trova un punto di vista interno alle vicende, relativo a qualcuno che abbia subito direttamente le conseguenze di tale catena di cause ed effetti e che sia direttamente implicato con il susseguirsi degli eventi. Di che personaggio si tratta? Descrivilo in massimo 1/2 pagina.
Esercizio #4
Fai dialogare il personaggio dell’esercizio #3 con un interlocutore in grado di mettere allo scoperto le contraddizioni, le incongruenze, i misfatti vissuti all’interno della catena di eventi. Sviluppa il tutto in una scena di massimo 5 pagine.
Messaggio agli scrittori: inviate l’esercizio #4 all’indirizzo info@matearium.it, sarò ben lieto di leggere i vostri elaborati.
Messaggio per gli insegnanti di scrittura e di drammaturgia: potete usare gli esercizi di MateâriuM nei vostri corsi, l’importante è sempre citare la fonte.
Palestra di scrittura | Metti i muscoli alle tue drammaturgie
Alessandro Di Pauli, co-fondatore di MateâriuM, nato a San Daniele del Friuli nel 1979. Si laurea in Filosofia morale presso l’Università di Trieste nel 2004. Diploma Estudios Avanzados per il Dottorato in Scienze Teatrali dell’Università di Barcellona nel 2011. Ideatore dei progetti FELICI ma furlans & TACONS. Collabora dal 2014 con la Scuola Holden di Torino.
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